“Salario universale” e “riduzione della giornata lavorativa”. Sono queste le due “misure concrete” che papa Francesco lancia per superare la crisi economico sociale aggravata dalla pandemia. Lo fa al termine di un lungo videomessaggio in spagnolo inviato ai partecipanti alla seconda Sessione del IV Incontro Mondiale dei Movimenti Popolari (EMMP), che si svolge oggi online.
Per il Pontefice la pandemia “ha fatto vedere le disuguaglianze sociali che colpiscono i nostri popoli e ha esposto – senza chiedere permesso né scusa – la straziante situazione di tanti fratelli e sorelle, quella situazione che tanti meccanismi di post-verità non hanno potuto occultare”.
E di fronte a questa sfida non si può “ritornare agli schemi precedenti” perché “sarebbe davvero suicida e, se mi consentite di forzare un po’ le parole, ecocida e genocida”. Ma cosa fare in concreto? “Io non ho la risposta, – dice il Papa – perciò dobbiamo sognare insieme e trovarla insieme”. Tuttavia, prosegue, “ci sono misure concrete che forse possono permettere qualche cambiamento significativo”. Sono misure “che si trovano nei vostri documenti, nei vostri interventi, e di cui ho tenuto molto conto, sulle quali ho meditato e ho consultato esperti”. In incontri passati, ricorda Francesco, “abbiamo parlato dell’integrazione urbana, dell’agricoltura familiare, dell’economia popolare”. “A queste, che ancora richiedono di continuare a lavorare insieme per concretizzarle, – aggiunge – mi piacerebbe aggiungerne altre due: il salario universale e la riduzione della giornata lavorativa”.
Un “reddito minimo (RMU)” o “salario universale”, serve affinché “ogni persona in questo mondo possa accedere ai beni più elementari della vita”. Infatti “è giusto lottare per una distribuzione umana di queste risorse”. Ed è “compito dei Governi stabilire schemi fiscali e redistributivi affinché la ricchezza di una parte sia condivisa con equità, senza che questo presupponga un peso insopportabile, soprattutto per la classe media – generalmente, quando ci sono questi conflitti, è quella che soffre di più –“. Per Francesco dopo il reddito minimo “la riduzione della giornata lavorativa è un’altra possibilità”. E “occorre analizzarla seriamente”. Nel XIX secolo “gli operai lavoravano dodici, quattordici, sedici ore al giorno”. Quando conquistarono la giornata di otto ore “non collassò nulla, come invece alcuni settori avevano previsto”. “Allora – insiste il Papa – lavorare meno affinché più gente abbia accesso al mercato del lavoro è un aspetto che dobbiamo esplorare con una certa urgenza”. Perché “non ci possono essere tante persone che soffrono per l’eccesso di lavoro e tante altre che soffrono per la mancanza di lavoro”.
Francesco è ben consapevole che le misure proposte sono “necessarie, ma naturalmente non sufficienti”. Non “risolvono il problema di fondo”, e non “garantiscono neppure l’accesso alla terra, alla casa e al lavoro nella quantità e qualità che i contadini senza terra, le famiglie senza una casa sicura e i lavoratori precari meritano”. Non “risolveranno nemmeno le enormi sfide ambientali che abbiamo davanti”. Ma le ha volute menzionare “perché sono misure possibili e segnerebbero un positivo cambiamento di direzione”. Ed “è bene sapere che in questo non siamo soli”.
Infatti le Nazioni Unite “hanno cercato di stabilire alcune mete attraverso i cosiddetti Obiettivi di Sviluppo Sostenibile (OSS)”, ma “purtroppo non conosciute dai nostri popoli e dalle periferie; e questo ci ricorda l’importanza di condividere e di coinvolgere tutti in questa ricerca comune”. Perché il mondo si vede “più chiaramente dalle periferie”… In buona sostanza l’appello del Papa è quello di “mettere l’economia al servizio dei popoli per costruire una pace duratura fondata sulla giustizia sociale e sulla cura della Casa comune”. Di qui l’esortazione ai Movimenti popolari di non lasciarsi “incasellare” o “corrompere”. E di continuare “a portare avanti la vostra agenda di terra, casa e lavoro”. L’agenda, in spagnolo, delle tre T: “Tierra, Techo y Trabajo”.
Per nove volte “In nome di Dio… chiedo”
Il Papa rivolge un appello forte al cambiamento per nove volte “in nome di Dio” a chi conta e ha il potere di decidere.
A tutti voglio chiedere in nome di Dio. Ai grandi laboratori, che liberalizzino i brevetti. Compiano un gesto di umanità e permettano che ogni Paese, ogni popolo, ogni essere umano, abbia accesso al vaccino. Ci sono Paesi in cui solo il tre, il quattro per cento degli abitanti è stato vaccinato.
Voglio chiedere, in nome di Dio, ai gruppi finanziari e agli organismi internazionali di credito di permettere ai Paesi poveri di garantire i bisogni primari della loro gente e di condonare quei debiti tante volte contratti contro gli interessi di quegli stessi popoli.
Voglio chiedere, in nome di Dio, alle grandi compagnie estrattive – minerarie, petrolifere –, forestali, immobiliari, agroalimentari, di smettere di distruggere i boschi, le aree umide e le montagne, di smettere d’inquinare i fiumi e i mari, di smettere d’intossicare i popoli e gli alimenti.
Voglio chiedere, in nome di Dio, alle grandi compagnie alimentari di smettere d’imporre strutture monopolistiche di produzione e distribuzione che gonfiano i prezzi e finiscono col tenersi il pane dell’affamato.
Voglio chiedere, in nome di Dio, ai fabbricanti e ai trafficanti di armi di cessare totalmente la loro attività, che fomenta la violenza e la guerra, spesso nel quadro di giochi geopolitici il cui costo sono milioni di vite e di spostamenti.
Voglio chiedere, in nome di Dio, ai giganti della tecnologia di smettere di sfruttare la fragilità umana, le vulnerabilità delle persone, per ottenere guadagni, senza considerare come aumentano i discorsi di odio, il grooming [adescamento di minori in internet], le fake news [notizie false], le teorie cospirative, la manipolazione politica.
Voglio chiedere, in nome di Dio, ai giganti delle telecomunicazioni di liberalizzare l’accesso ai contenuti educativi e l’interscambio con i maestri attraverso internet, affinché i bambini poveri possano ricevere un’educazione in contesti di quarantena.
Voglio chiedere, in nome di Dio, ai mezzi di comunicazione di porre fine alla logica della post-verità, alla disinformazione, alla diffamazione, alla calunnia e a quell’attrazione malata per lo scandalo e il torbido; che cerchino di contribuire alla fraternità umana e all’empatia con le persone più ferite.
Voglio chiedere, in nome di Dio, ai Paesi potenti di cessare le aggressioni, i blocchi e le sanzioni unilaterali contro qualsiasi Paese in qualsiasi parte della terra. No al neocolonialismo. I conflitti si devono risolvere in istanze multilaterali come le Nazioni Unite. Abbiamo già visto come finiscono gli interventi, le invasioni e le occupazioni unilaterali, benché compiuti sotto i più nobili motivi o rivestimenti.
Ai governi e ai politici di tutti i partiti, Francesco chiede di evitare di “ascoltare soltanto le élite economiche” per mettersi “al servizio dei popoli che chiedono terra, tetto, lavoro e una vita buona”, mentre ai leader religiosi chiede di “non usare mai il nome di Dio per fomentare guerre o colpi di Stato”. Occorre invece gettare ponti di amore.
Da AVVENIRE
https://www.avvenire.it/papa/pagine/papa-francesco-quarto-incontro-mondiale-dei-movimenti-popolari