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Perché la legge 9/2016 funziona: dati alla mano

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Pubblichiamo l’interessante articolo di Carlotta Bartolucci pubblicato sul sito di Libera che evidenzia i dati reali sull’efficacia della legge 9/2016 che in questi giorni è sotto attacco.

La legge regionale 9/2016 a oggetto “Norme per la prevenzione e il contrasto alla diffusione del gioco d’azzardo patologico” è una disposizione normativa importante. Lo è perché funziona e sono i rapporti di analisi a confermarlo. Tuttavia, c’è chi non è d’accordo con questa lettura: come la maggioranza di centrodestra a sostegno della Giunta Regionale di Alberto Cirio, che preme per modificare alcuni termini di questa norma (Qui la proposta di modifica).

Approvata nel 2016 quasi a unanimità (su 40 consiglieri, 39 voti a favore e 1 assente), questa legge introduce interventi di due tipi: di carattere regolativo, finalizzati a ridurre l’offerta di gioco, e di prevenzione e cura. Le finalità sono quindi la definizione di piani di intervento per promuovere una corretta educazione al gioco consapevole e responsabile, per formare gli operatori sanitari, sensibilizzare i commercianti del settore, ma anche regolare l’effettiva distribuzione e disponibilità sul territorio di punti gioco. Lo scopo ultimo della legge è infatti la tutela delle fasce più deboli e maggiormente vulnerabili della popolazione, limitando al contempo i costi sanitari e sociali che derivano dal gioco d’azzardo patologico (GAP).

A fronte della mancanza di un disegno di legge chiaro a livello nazionale, infatti, le Regioni si sono mosse negli anni, in ordine sparso, per immaginare un piano d’azione per contrastare questo dilagante disagio. La legge elaborata dalla Regione Piemonte nel 2016 ha diviso l’opinione pubblica e politica: c’è chi la ritiene la più virtuosa d’Italia e chi la considera troppo penalizzante sul piano economico e occupazionale. Tuttavia, i dati parlano chiaro: già solo in questi primi anni di applicazione vi è stata una riduzione significativa dei volumi di gioco, delle perdite dei giocatori e dei casi patologici presi in cura dal sistema sanitario. Così come non vi è evidenza che sotto i profili più dibattuti (economico, occupazionale e criminale) vi sia stato un peggioramento.

Nella seduta del 28 gennaio, la Giunta Regionale ha presentato una relazione, elaborata con diversi soggetti competenti tra i quali: IRES Piemonte, il Coordinamento dei Servizi per Disturbo da Gioco d’Azzardo del Piemonte presso ASL TO3, l’Osservatorio Epidemiologico delle dipendenze, il Consiglio Nazionale delle Ricerche (CNR), i Dipartimenti di Patologia delle Dipendenze delle ASL della Regione; Eclectica snc e diversi uffici regionali responsabili. Questa relazione propone una valutazione d’impatto della legge nel triennio 2016-2019, coinvolgendo quindi anche il primo semestre di applicazione del cosiddetto “distanziometro”, introdotto a maggio 2019, uno degli elementi contro il quale il centrodestra si sta battendo. Vale dunque la pena ripercorrere tale relazione, evidenziandone i punti più salienti.

Una significativa diminuzione dei volumi e delle perdite di gioco

Seguendo il trend globale di crescita, negli ultimi vent’anni l’Italia ha visto aumentare sempre più il volume di gioco sul proprio territorio, posizionandosi al terzo posto dopo Giappone e Australia sulla base del rapporto tra numero di abitanti e apparecchi da gioco disponibili. Nel 2016 era infatti presente un apparecchio ogni 132 abitanti, come mostra la tabella riportata nella relazione presentata in Giunta Regionale (Tabella 1).

Con un volume di giocate superiore ai 90 miliardi di euro e un incremento esponenziale delle giocate pro capite (si passa da 330 € a persona nel 2001, ai 1400 € a persona nel 2014), il gioco d’azzardo rappresenta un fenomeno altamente diffuso nella popolazione. Tenendo conto che diversi studi condotti a livello internazionale hanno dimostrato che l’incremento complessivo del volume di gioco comporta anche un aumento consistente del numero di giocatori patologici, si capisce quanto questo dato sia rilevante per comprendere se la legge funziona o meno.

Per verificarlo si è dunque comparata la regione Piemonte al resto d’Italia a partire dal 2016, anno di applicazione della legge, e si è rilevata una decrescita del -11% (572 milioni di euro) per il Piemonte, mentre nel resto del paese il calo è cominciato solo nel 2019 (pari a -0,03%, ovvero 18 milioni di euro. (Tabella 3)

Il minor volume di gioco è correlato al volume di perdite da parte dei giocatori: anche in questo caso la relazione mette in luce un netto calo del -16.5% per il Piemonte, a fronte di una decrescita molto più lenta (-0,9%) per il resto del Paese. Questo significa che i giocatori di giochi fisici nel 2019 hanno perso 206 milioni di euro in meno rispetto a quanto avevano perso nel 2016. (Tabella 4bis)

Un effetto sostituzione non verificato

Nella relazione viene confermata la maggiore pericolosità degli apparecchi per il gioco fisico come slot-machine e video lottery in termini di dipendenza e dunque di perdite di denaro. Essi sono sistemi “progettati per indurre il gioco compulsivo attraverso l’uso mirato di luci e suoni e la loro stessa collocazione fisica in ambienti confinati”: un pericolo che la legge del 2016 ha colto, proponendo di regolamentare soprattutto la disponibilità e l’utilizzo di queste tipologie di gioco per le fasce di popolazioni maggiormente esposte al rischio del GAP.

Tuttavia, una delle principali critiche rivolte a questa legge è che, bloccando l’accesso a determinati tipi di macchinette, i giocatori si sarebbero spostati automaticamente verso altri tipi di gioco non soggetti a regolamentazione, creando appunto il cosiddetto “effetto sostituzione”. Ma è veramente così?

I dati raccontano che in Piemonte nel 2019 c’è stata una crescita di 321 milioni di euro, pari a +21,9%, nell’utilizzo dei giochi non colpiti dalla legge – un trend maggiore rispetto al resto d’Italia, che ha visto un aumento pari solo all’8,4%. Questi dati, a una prima lettura, farebbero presumere che la legge piemontese produca il famigerato “effetto sostituzione”. Tuttavia, se si osserva l’utilizzo dei giochi colpiti dalla legge in Piemonte nello stesso anno, si nota che vi è stata invece una diminuzione pari a 839 milioni. Pertanto, il trend di crescita degli apparecchi non regolamentati viene completamente neutralizzato dalla forte diminuzione di quelli, invece, nei confronti dei quali la normativa viene applicata. Correlazione che conferma dunque l’effetto benefico della legge 9/2016, nonostante tutto.

Anche per quanto riguarda il gioco “a distanza” (effettuato online) non si può riscontrare un effetto sostituzione: nel triennio 2016-2019 i volumi di gioco a distanza hanno subìto una crescita molto simile sia in Piemonte (+70%) che nel resto d’Italia (+72%). Pertanto, sottolinea la relazione, “è ragionevole sostenere che la gran parte dell’aumento che ha riguardato il Piemonte, se non la totalità, si sarebbe verificata anche in assenza dell’intervento del legislatore”.

Il gioco illegale non è alternativo al gioco legale, ma complementare

Questo è uno degli aspetti da sempre più dibattuti, che vede in campo due posizioni fortemente discordanti. La prima sostiene che una forte limitazione dell’offerta del gioco legale possa incentivare i giocatori a spostarsi in maniera naturale verso forme di gioco illegale, più facilmente accessibili. La seconda sostiene che più vi è offerta di gioco d’azzardo legale, più cresce lo stimolo a usufruirne e più è probabile che cresca il desiderio di passare a canali illegali che promettono vincite più facili e più immediate.

Dunque, limitare il gioco d’azzardo legale incentiva quello illegale?
Al momento non esistono sufficienti studi e analisi che possano dare risposta a questa domanda e confermare con certezza quale delle due ipotesi sia corretta. D’altronde, tutti i fenomeni nel campo della criminalità sfuggono a un’osservazione diretta, rimanendo in larga parte invisibili e non misurabili. Vi è certamente chi sostiene che il proibizionismo favorisca la criminalità, ma dalla nostra lettura degli eventi e delle operazioni della magistratura avvenute sul territorio regionale negli ultimi anni sembra emergere una realtà diversa. Ovvero, che sia la stessa offerta di gioco legale a costituire un’appetibile occasione di profitto e di infiltrazione per la criminalità organizzata e che, dunque, limitare il gioco d’azzardo statale va a limitare automaticamente anche la possibilità di profitti illegali.

Il dibattuto “distanziometro”: funziona o no? 

La forte discussione che è stata aperta rispetto a questa legge, e per cui la maggioranza di centrodestra si sta battendo, riguarda in particolar modo il “distanziometro”, che impone rigorose distanze (500 metri nei comuni più grandi e 300 in quelli più piccoli) dei luoghi di gioco da quelli considerati sensibili (scuole, ospedali, chiese etc). La normativa, spiega la relazione, “si applica progressivamente anche alle licenze attive prima dell’entrata in vigore della legge, stabilendo un tempo entro il quale gestori ed esercizi commerciali devono adeguarsi (entro 18 mesi per chi ha installato slot machine, tre o cinque anni per le sale gioco e sale scommesse)”. Dal fronte di opposizione a questa legge il distanziometro è stato indicato come una possibile causa di crollo dell’occupazione del settore e come non particolarmente incisivo in termini di calo di gioco d’azzardo.

Tuttavia, a favore di questo strumento si possono riportare i dati relativi alle video-lottery (VLT), non soggette a regolamentazione fino a maggio 2019, mese dell’applicazione del “distanziometro” alle sale gioco – per gli esercizi commerciali invece era già entrato in vigore nel novembre 2017. Nel biennio 2017-2018 infatti vi è stata una crescita dei volumi di gioco di questo tipo di apparecchio e solo a partire dalla metà del 2019 si è assistita a una iniziale inversione di tendenza (- 8,9%). Questo calo può essere interpretato come merito dell’applicazione della legge anche alle sale gioco, luogo di maggiore presenza di questo tipo di apparecchio. Un’ulteriore conferma arriva dall’osservazione dell’andamento nel resto dell’Italia, che, in assenza di regolazioni, registra solo un lieve calo del -4,6%. (Tabella 5)

La (non) preoccupazione per gli effetti sull’ambito occupazionale ed economico

Un’altra critica sollevata nei confronti della legge 9/2016 è che avrebbe ridotto il volume d’affari delle aziende in questo campo, influendo negativamente sul tasso d’occupazione degli impiegati nel settore. I dati smentiscono tale ipotesi. Secondo l’Osservatorio regionale sul mercato del lavoro del Piemonte nelle tabaccherie l’andamento è abbastanza stabile e tra il 2016 e il 2019 il saldo assunzioni-cessazioni è
positivo, mentre per le sale da gioco è leggermente negativo, ma in linea con il trend generale del mercato del lavoro. La relazione, tuttavia, specifica che le tabaccherie conteggiate comprendono anche quelle per le quali non è possibile stabilire se sono effettivamente presenti tipologie di gioco d’azzardo. (Tabella C)

I pazienti presi in cura: cioè il fine ultimo della legge

Infine, anche sul fronte dei pazienti presi in cura dai SerD della Regione (Servizio Dipendenze patologiche) vi sono dati importanti.

Tenendo conto della difficoltà a stimare con precisione i soggetti con comportamento problematico/patologico – a causa della variabilità dei criteri diagnostici e della difficoltà dei giocatori a chiedere aiuto ai servizi o a riconoscere in se stessi i sintomi della dipendenza – si è rilevato, con un particolare strumento diagnostico (CPGI – Canadian Problem Gambling Index), che nel 2017/2018 il 41,9% della popolazione ha dichiarato di aver giocato d’azzardo almeno una volta nell’anno precedente. Di questa percentuale, sommando le categorie a “a rischio moderato” e “a rischio severo”, ben l’8,3% è a rischio patologico e la quota di giocatori “a rischio severo” risulta in costante aumento (dal 2007 al 2019 è passata dallo 0,8% al 2,4%, ovvero, da poco più di 100.000 soggetti a quasi mezzo milione).

Tuttavia, la Tabella 9 mostra un dato interessante: dal 2012 al 2016 il numero dei pazienti che hanno ricevuto almeno una prestazione presso il SerD è in costante crescita. Dal 2017 invece il trend cambia, mostrando una leggera ma costante decrescita fino al 2019. Il 2017 è infatti l’anno successivo all’entrata in vigore della legge 9/2016, dunque si può ipotizzare una correlazione tra la decrescita dei pazienti e l’entrata in vigore della normativa.

Dunque: la legge funziona

A fronte di questi dati, non si può non rilevare l’efficacia di questa legge e dunque la necessità non certo di smantellarla ma, bensì, di migliorarla.

È una legge recente, che deve ancora mostrare i suoi effetti sul lungo periodo: ma i risultati positivi prodotti nei pochi anni dalla sua applicazione dovrebbero convincere ulteriormente del fatto che c’è bisogno di dare tempo a questa normativa, osservarne il trend sul lungo periodo e, solo allora, nel caso producesse negatività negli ambiti da essa toccati, modificarla.

Ma fino a quando continueranno a calare i volumi di gioco, le perdite dei giocatori e il numero dei soggetti patologici, questa rimarrà una buona legge. Da salvaguardare, perché la posta in palio è la salute dei piemontesi.

Articolo di Carlotta Bartolucci


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