Condividendo il contenuto vi segnalo questo bell’articolo di Emiliano Manfredonia apparso su Famiglia Cristiana.
Massimo Tarasco Presidente Regionale ACLI Piemonte
di Emiliano Manfredonia*
E’ di domenica passata l’ annuncio dell’ accordo tra Anci e Protezione Civile sostenuto dal ministro Boccia per l’ arruolamento di 60 mila persone che avranno il titolo di “assistenti civici”, o meglio persone impiegate dai sindaci per svolgere non ben definite “attività sociali” indicate dai Comuni ma in particolare: “Collaborare per mantenere il rispetto del distanziamento sociale e dare un sostegno alla parte più debole della popolazione”.
Questa proposta sorprende per vari motivi. Non è in discussione la buona volontà ma il modello. Il rischio è di intraprendere un’ esperienza fallimentare perché la partecipazione sociale dei cittadini non deve essere gestita dallo Stato, bensì promosso.
Ci sono reti associative, interlocutori attrezzati e autorevoli: un mondo, quello del volontariato, della promozione sociale, della cooperazione, che anche in questo duro periodo ha dato prova di resilienza, di dinamismo, proprio nel momento più difficile del nostro popolo. Non rivolgersi a questo mondo è profondamente sbagliato e si rischia l’ occupazione da parte dello Stato del sociale.
Mi permetto di sottolineare che l’ impiego per il distanziamento sociale oltre ad essere comunque poco efficace (60.000 persone contro 60 milioni di cittadini) dà il sapore delle ronde, come è stato già detto (c’è chi ha parlato addirittura di milizie). Definire “esperienza di volontariato” l’ essere ingaggiati al posto delle forze dell’ ordine, che oggi con grande abnegazione stanno facendo il proprio mestiere, rischia di aprire derive ad oggi non immaginabili.
L’ essere volontario non si esaurisce nel “fare” ma nella singolare esperienza di vicinanza alla realtà che si “serve”, nella crescita formativa, nel supporto che le reti costruiscono per dare valore al tempo donato, che poi rimane come bagaglio umano al volontario.
Proporre tutto questo, invece di fare una riflessione più ampia riguardo al ruolo del servizio civile che è una risorsa per il nostro Paese, preoccupa. Siamo alla fase due, il “fare” non anneghi l’ orizzonte. La nostra meta non deve essere la normalità ma un nuovo inizio. Per far ciò bisogna rileggere i nostri errori, valorizzare ciò che è vivo e innescare le risorse, come quelle promosse dal Terzo Settore.
C’ è molto di più in gioco. Il rischio è che si passi da un estremo all’altro e che dopo la disfatta della privatizzazione selvaggia del Welfare e della salute pubblica, oggi si voglia compensare riaccentrando pericolosamente perfino il volontariato nelle mani dello Stato e degli enti locali. Giova ricordare che questo modello è altrettanto sbagliato e che ha prodotto assistenzialismo, accompagnandosi, oltre le buone e nobili intenzioni, al clientelismo.
La questione morale e la questione democratica in questo Paese sono tutt’altro che risolte e aperte anch’esse in modo inedito.
La democrazia si fonda su uno spazio di libertà e partecipazione plurale che valorizza e riconosce l’autonomia del civile, delle forme frutto della libera associazione delle persone.
Non è controllando e dirigendo la società che la si cambia, ma – come dimostrano molte reti e collaborazioni tra enti locali, Terzo settore e parti sociali – è vivendo la democrazia come processo ricco e complesso, che consegna e diffonde potere e responsabilità – e non sotrtaendolo – che si può tirar fuori il meglio del Paese. Dirigismo e liberismo, su versanti opposti, dimostrano che accentrando potere su chi governa o su chi ha più soldi la società la si rende più debole, assistita e quindi vulnerabile. Facciamone tesoro.
*Vicepresidente Acli, presidente dei patronati Acli.