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LE “VITE IN CIRCOLO” DI EMILIANO MANFREDONIA, PER L’ITALIA DEL DOPO-CORONAVIRUS
Famiglia Cristiana ha intervistato Emiliano Manfredonia a partire dal suo libro “Vite in Circolo”. Considerazioni che condividiamo e diffondiamo. Presidenza Regionale ACLI Piemonte
Emiliano Manfredonia, presidente dei patronati Acli, ha scritto per i tipi della San paolo “Vite in circolo” alla vigilia dell’emergenza coronavirus, ma è come se prefigurasse tutta l’importanza delle Associazioni cristiane dei lavoratori italiani, a 75 anni dalla nascita, per l’Italia che saremo chiamati a ricostruire. L’autore ha creato una sorta di viaggio sentimentale che parlasse di relazioni umane, che raccontasse gli aclisti, ma allo stesso tempo ha indicato la prospettiva da cui partire per ricostruire l’Italia. Una prospettiva che includa “gli esclusi di ogni specie” e soprattutto renda protagonisti lavoratori, studenti, pensionati, migranti.
Come definirebbe i circoli Acli?
Come il luogo dell’incontro tra le persone dove si crea la scintilla dell’impegno delle comunità. Le Acli sono fatte di persone che stanno insieme, al di là dei grandi ideali di chi le ha fondate. Piccoli gesti quotidiani e servizi alla persona, soprattutto nella periferia. E’ una caratteristica delle Acli essere tanto in periferia e meno nelle grandi città. Servizi e grandi progetti. Farne parte, scrivo nel libro, significa partecipare al bene della comunità, sporcandosi le mani con spirito leale”
E vero che ogni tanto i circoli le compaiono in sogno?
Me li sogno davvero perché andiamo spesso nei circoli. E’ la nostra vita. Per me è diventato un lavoro ma è anche la mia passione. Ne avrò visitati a centinaia. Sono tremila in tutto. Mi piace molto il contatto con le persone, vedere le comunità che si impegnano. Anche in questa situazione di coronavirus questi circoli saranno un punto di riferimento per le persone anziane. Gli portiamo il giornale, li assistiamo, gli diamo qualche consiglio,tanti piccoli gesti di prossimità. Si dice che nei paesi c’è sempre una farmacia, una caserma dei carabinieri e un circolo Acli. Non è così dappertutto, ma mi piacerebbe molto. Lo vedo come un obiettivo, creare presidi ovunque.
Anche il papa parla di periferie e di pietre di scarto…
Oggi più che mai si crea scarto nelle relazioni umane. Si liquidano i più deboli, i più fragili della società. Il circolo è un presidio che dovrebbe denunciare queste cose. Le modalità sono varie. C’è il circolo con la mescita, non facile da organizzare, poi ci sono il circolo sportivo, quello con il gruppo di volontariato, quello che organizza le camminate storico culturali nei borghi, per recuperare le memorie di un luogo. Nelle Marche vengono promosse lunghe camminate nei boschi. Vorrei aggiungere un aspetto paradossale: a volte non è necessario che il circolo sia frequentato, l’importante è che ci sia, che faccia parte del panorama fisico e mentale dei suoi abitanti. Se una persona sa che c’è, si sente tranquillo, anche se non lo frequenta, come il campanile di una pieve. Giovanni XXIII diceva che le parrocchie sono le fontane del villaggio. Lo sono anche i circoli Acli in parte. Presidi contro la povertà, la mancanza di lavoro, lo spreco alimentare, le difficoltà burocratiche, i diritti non tutelati…”
I circoli Acli possono far politica in qualche modo?
Assolutamente no. Ma possono, anzi devono, educare al senso civico, a orientare la politica rispetto a determinati valori, al cosiddetto prepolitico. Le Acli creano reti. I suoi alleati sono le associazioni Caritas, la banca etica, i comitati di quartiere, chiunque abbia un progetto. L’esperienza dell’Allenza contro la povertà è stato un grande progetto, con un grande obiettivo e grandi risultati.
Quanto contano le Acli oggi nella società italiana?
Secondo me è un po’ sbagliato porre la questione in questi termini. Contano nella misura in cui contano i pensieri positivi, empatici, capaci di intercettare i bisogni della società. Al di là di chi nasce nelle Acli e chi si impegna nella politica (abbiamo tanti consiglieri comunali e assessori che si sono formati nelle Acli) contano i progetti, le proposte. Quando c’è una proposta dell Acli è sempre letta con attenzione”.
I circoli Acli possono far politica in qualche modo?
Assolutamente no. Ma possono, anzi devono, educare al senso civico, a orientare la politica rispetto a determinati valori, al cosiddetto prepolitico. Le Acli creano reti. I suoi alleati sono le associazioni Caritas, la banca etica, i comitati di quartiere, chiunque abbia un progetto. L’esperienza dell’Allenza contro la povertà è stato un grande progetto, con un grande obiettivo e grandi risultati.
Quanto contano le Acli oggi nella società italiana?
Secondo me è un po’ sbagliato porre la questione in questi termini. Contano nella misura in cui contano i pensieri positivi, empatici, capaci di intercettare i bisogni della società. Al di là di chi nasce nelle Acli e chi si impegna nella politica (abbiamo tanti consiglieri comunali e assessori che si sono formati nelle Acli) contano i progetti, le proposte. Quando c’è una proposta dell Acli è sempre letta con attenzione”.